mercoledì 11 Maggio 2016

Unioni civili, sì alla legge


 

Dichiarazione voto

Con l’approvazione di questa legge ci mettiamo finalmente al passo con una parte dell’Europa, con quei Paesi che hanno una legge sulle unioni civili. Non siamo gli ultimi, ma siamo tra gli ultimi: solo la Bulgaria, la Lettonia, la Lituania, la Polonia, la Romania e la Slovacchia non hanno al momento una legge sulle coppie omosessuali e non è un caso che si tratti dei nuovi arrivati nella grande famiglia europea.

Sono tredici anni che proviamo a fare una legge, sono ventotto che ne parliamo. Ci sono stati diversi tentativi da quando, nell’ ottobre 2002, il deputato Franco  Grillini presentò una PdL intitolata “Disciplina del Patto civile di solidarietà e delle unioni di fatto”, i PACS, che riproponeva in Italia la legge approvata in Francia nel 1999. Poi nel 2007 fu la volta dei Dico delle allora Ministre Pollastrini e Bindi e poi dei CUS, contratti di unione solidale per iniziativa di Cesare Salvi, per finire nel 2008 con i DiDoRe, acronimo per   Diritti e Doveri di reciprocità dei conviventi, dell’allora Ministro Brunetta.

Nessuno di questi provvedimenti è riuscito a diventare legge. Ma la storia è molto più lunga, iniziata nella seconda metà degli anni ’80 quando come donne socialiste incominciammo a lavorare  ed elaborare politiche organiche per le famiglia: dieci proposte che affrontavano temi diversi, che partivano dalla lettura senza pregiudizi della società, osservandola nelle sue trasformazioni. Quelle proposte definivano il ruolo di chi fa le leggi che non è quello di entrare nel merito delle singole scelte e, meno che mai, di ergersi a giudice, ma piuttosto di osservare attentamente i cambiamenti sociali, l’emergere continuo di bisogni individuali, rapportandoli alle esigenze collettive, facendo sintesi di un difficile equilibrio fra le ragioni della individualità e le ragioni della collettività. Erano proposte che avevano come riferimento complessivo la famiglia nelle sue diverse configurazioni, istituto passato indenne attraverso i secoli proprio perla sua capacità di modificarsi in ragione delle trasformazioni sociali. E’ stata secondo noi socialisti e socialiste la flessibilità e non la rigidità del modello unico, quello che ha dato alle famiglie forza e durata nel tempo.

Parlavamo di assegni di maternità e di congedi parentali, di asili nido e consultori familiari, ancor oggi insufficienti, di detrazioni di imposte per baby sitter, e ci siamo arrivati, di famiglie di fatto, di affido e di adozione.

E’ passato più di un quarto di secolo e ad oggi, e intendo proprio oggi, nessun passo avanti è stato fatto.

Perché ho fatto questa storia? Perché la storia serve a capire il presente e quindi aiuta nelle decisioni. Oggi siamo nelle condizioni di fare questo passo avanti, di cambiare qualcosa.

Arriviamo in ritardo, arriviamo con una legge che per alcuni versi è già vecchia (in molti Paesi europei si è già andati oltre, approvando, come noi avremmo voluto, i matrimoni tra persone dello stesso sesso e consentendo le adozioni), ma finalmente arriviamo, concludiamo un iter legislativo, il che è certamente apprezzabile.

Così come sono apprezzabili molti aspetti del testo che ci arriva dal Senato che per gran parte dei diritti equipara l’unione civile al matrimonio.

Penso soprattutto alla reversibilità delle pensioni, cosa che non era affatto scontata, e che rappresenta una bella vittoria.

Ci sono però delle parti di questo provvedimento che non ci soddisfano e che non ci permettono di festeggiare come avremmo voluto l’approvazione di una legge che attendiamo e auspichiamo da anni.

In primis: io credo siamo tutti d’accordo, almeno noi che abbiamo una cultura europea, che le persone non possono essere discriminate sulla base del loro orientamento sessuale. Lo dice l’articolo 10 del trattato della UE:  nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale. Insistiamo spesso e giustamente sulla inaccettabilità della discriminazione religiosa, ma questa non ha più dignità della discriminazione per l’orientamento sessuale. Invece questa legge discrimina sulla base dell’orientamento sessuale. Ad esempio nella legge abbiamo cancellato il riferimento alle famiglie, vi è solo al comma 12,  perché le persone con identità e orientamento sessuale “diverso”, non hanno diritto a chiamarsi famiglia. Non va bene.

Un altro indice di questa considerazione di inferiorità nei confronti delle coppie omo è la cancellazione dell’obbligo di fedeltà. Ho dapprima  pensato che l’introduzione di questo articolo fosse una sorta di sberleffo, difficile da accettare. Forse invece è qualcosa di più profondo, la manifestazione di un atteggiamento discriminatorio che sottolinea che l’amore tra persone dello stesso sesso non ha la stessa capacità generosa, donativa, la stessa profondità che c’è o può esserci tra persone di sesso diverso.

Ed infine lo stralcio della stepchild adoption cioè la possibilità di creare un rapporto giuridico con il o la partner del genitore biologico. Noi socialisti avremmo voluto non solo la stepchild adoption, che rappresenta già un compromesso al ribasso, ma la piena possibilità adozione per le coppie etero e omo. Abbiamo presentato degli emendamenti in tal senso e una proposta di legge, sia alla Camera che al Senato che mi auguro venga discussa al più presto.

Quando il provvedimento era in discussione al Senato è stato detto che la stepchild adption era il massimo che si poteva ottenere e ci siamo piegati al compromesso. Poi è arrivato lo stralcio, compromesso del compromesso, con la promessa che il tema dell’adozione andrà affrontato nella sua complessità per regolare la materia in modo organico. Mi auguro sia così. Ma facciamolo, facciamolo presto perché, se davvero ci sta a cuore l’interesse dei e delle minori, non possiamo non pensare che se questi minori dovessero perdere il genitore biologico, con questa legge perderebbero non uno ma entrambe le persone con le quali vivono e dalle quali sono amate. E questo è in contraddizione con l’interesse del minore che spesso sbandieriamo.

Nonostante queste carenze voteremo a favore di questo provvedimento, è un passo avanti, e con la sua approvazione noi superiamo una sorta di taboo, cioè legiferare in tema di diritti di persone LGBT e questo è senza dubbio un fatto positivo e colmiamo in parte una lacuna in tema di uguaglianza delle persone. Ma non possiamo dire che stiamo facendo una gran bella legge, no, abbiamo solo fatto il primo passo di un percorso che necessità di molti altri passi per affermare il principio di uguaglianza , e cioè dare a tutti e a tutte gli stessi diritti e le stesse libertà fondamentali