mercoledì 10 Giugno 2015

Nel novantunesimo anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti


10 giugno 2015 Nel novantunesimo anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti

 

razie, signora Presidente e grazie cara Laura Francesca Wronowska per essere qui con noi oggi. «Il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me». Come ho già detto in quest’Aula, queste sono le parole con cui Giacomo Matteotti si rivolse ai compagni socialisti al termine del suo intervento proprio in quest’Aula nel corso del quale ebbe il coraggio, lui solo, di contestare le elezioni che davano vittorioso il partito fascista. Ed il 30 maggio del 1924, dieci giorni dopo, fu rapito ed ucciso. Matteotti era un socialista e mi fa spiacere sentire oggi ricordarlo da forze politiche più giovani, che a volte tendono a recintare il socialismo in un unico, breve e brutto periodo. Ancora oggi, Il Messaggero, ahimè, in un’intervista al collega Orfini, titola, virgolettando: «Bande nel partito, ma non siamo il PSI», cosa che, leggendo attentamente l’intervista non viene mai affermata dal collega. Eppure, ancora una volta, certi giornalisti non esitano a tirare in ballo quel periodo – ripeto breve – della nostra storia per gettare fango sui socialisti e sul socialismo.

Matteotti era un socialista come Turati, Di Vagno, Pertini e Nenni; apparteneva alla mia storia e alla nostra storia, fatta di idee e di conquiste civili e sociali, di solidarietà e di riforme che sono alla base della nostra Repubblica. Un socialista scomodo, inviso al regime che, per metterlo a tacere, fu costretto ad ucciderlo. Ma indigesto anche all’allora PCI, che non ha mai accettato pienamente il fatto che il primo eroe dell’antifascismo, insieme a Di Vagno fosse Turati, un socialista, un socialista che non si faceva sovietizzare, un pellegrino del nulla, come lo definì Gramsci.

Il brutale assassinio fascista fece di Matteotti un eroe, lo rese famoso e immortale, ma paradossalmente fece passare in secondo piano le sue idee e le sue battaglie politiche. I suoi scritti, i suoi discorsi in Parlamento, per lui il luogo centrale di tutta l’azione politica e il suo pensiero restano tutt’oggi sconosciuti ai più.

Vorrei che questa giornata servisse anche a questo: non solo, a ricordare il martire, ma a riconoscere l’uomo politico. Non ci servono santi e beati, ma esempi e maestri. Apprendere da loro è il modo migliore per non dimenticare.