martedì 10 Giugno 2014

Nel novantesimo anniversario dell’uccisione di Giacomo Matteotti


10 giugno 2014 Nel novantesimo anniversario dell’uccisione di Giacomo Matteotti

 

Signor Presidente, «Il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me»: queste le parole con cui Giacomo Matteotti si rivolse ai compagni socialisti al termine del suo intervento in quest’Aula nel corso del quale ebbe il coraggio, lui solo, di contestare le elezioni che avevano visto vittorioso il Partito fascista. Era il 30 maggio 1924; dieci giorni dopo, il 10 giugno di novant’anni fa, fu rapito ed ucciso.

Matteotti è un socialista e mi fa piacere sentirlo ricordare oggi da forze politiche che in molte occasioni alla parola «socialista» associano automaticamente la parola «ladro». Era un socialista come Turati, Pertini, Nenni, Lombardi. Apparteneva ad una storia, la mia storia, la nostra storia, fatta di idee, di conquiste civili e sociali, di solidarietà e di riforme, che sono alla base della nostra Repubblica.

Un socialista scomodo, inviso al regime fascista, che per metterlo a tacere fu costretto ad ucciderlo. Non amato dall’allora PCI, che non ha mai digerito pienamente il fatto che il primo eroe dell’antifascismo fu un socialista che non si faceva sovietizzare, un pellegrino del nulla, come lo definì Gramsci.

E nel ringraziare la Presidente Boldrini per aver voluto organizzare la sua commemorazione presso la Sala della Regina, non posso non ricordare nel 1994 il rifiuto dell’allora Presidente della Camera Pivetti di convocare l’Aula in seduta solenne per ricordarne l’assassinio. Erano gli anni di Tangentopoli, gli anni in cui la parola «socialista» equivaleva ad un insulto, gli anni del cappio della Lega. La storia di oggi purtroppo dimostra che il malaffare non riguarda solo i partiti, ma soprattutto le singole persone e che molti di coloro che si sentivano puri e in diritto di giudicare poi sono finiti sulla stessa graticola giustizialista.

Il brutale assassinio fascista fece di Matteotti un eroe, lo rese famoso e immortale, ma paradossalmente fece passare in secondo piano le sue idee e le sue battaglie politiche. I suoi scritti, i suoi discorsi in Parlamento, per lui il luogo centrale di tutta l’azione politica, e il suo pensiero restano tutt’oggi sconosciuti ai più. Vorrei che questa giornata servisse anche a questo, non solo a ricordare il martire, ma a riconoscere l’uomo politico. Non ci servono santi e beati, ma esempi e maestri e apprendere da loro è il modo migliore per non dimenticare