martedì 7 Novembre 2017

Risoluzione contro la violenza alle donne


Premesso che

la violenza contro le donne è un fenomeno drammatico che colpisce le donne di tutti i Paesi, di tutte le condizioni sociali, economiche e culturali, di tutte le età, a partire dai primissimi anni di vita;

i dati relativi al nostro Paese, forniti dal Presidente dell’Istat nell’audizione del 27 settembre 2017 presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere del Senato, hanno evidenziato la gravità del fenomeno, in particolare della violenza domestica;

delle 149 vittime di omicidi volontari nel 2016, quasi 3 su 4 sono stati commessi nell’ambito familiare: 59 donne sono state uccise dal partner, 17 da un ex partner e altre 33 da un parente e, per la relazione tra vittima e autore, questi delitti possono essere definiti “femminicidi” secondo la Classificazione Internazionale dei reati (il femminicidio è “un omicidio di una donna compiuto nell’ambito familiare, ovvero dal partner, da un ex partner, o da un parente”);

se la violenza è la forma più estrema della manifestazione della disuguaglianza tra uomini e donne ed il femminicidio la forma più estrema della violenza contro le donne, ad essi si accompagnano molte altre gravi forme violente;

la “misurazione” della violenza, che è fenomeno antico, è un fatto recente nel nostro Paese. La prima indagine risale al 2006, la seconda, arricchita da riferimenti alle donne straniere e alle donne disabili, al 2014. La violenza è fenomeno difficile da misurare perché non riconosciuto nella sua gravita dal contesto in cui avviene e soprattutto perché rimane sommersa proprio per la vicinanza tra vittima e autore nella stragrande maggioranza dei casi;

secondo l’Istat quasi sette milioni di donne tra i 16 e i 70 anni hanno subito qualche forma di violenza, fisica o sessuale, dalle meno alle più gravi o gravissime: molestie fisiche e sessuali, tentati stupri, stupri, altre forme di abusi sessuali. In più di un milione di casi (1 milione e 157mila) si è trattato delle forme più gravi: stupro (3,0%; 652mila) e tentato stupro (3,5%; 746mila). Gli autori delle violenze più gravi sono prevalentemente i partner o gli ex parnerner;

le minori non vengono risparmiate: il 10,6 per cento delle donne dichiara di aver subìto una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni;

anche la violenza assistita è in aumento: secondo l’Istat la percentuale di minori che hanno assistito a episodi di violenza sulla propria madre è passata dal 60,3% al 69% tra il 2006 e il 2014 e i e le minori direttamente coinvolti dal 15,9% al 24,6%, il che fa prevedere un perpetuarsi del fenomeno in quanto vi è relazione diretta tra vittimizzazione vissuta e assistita e comportamento violento adulto.

le donne di origine straniera condividono con le italiane la stessa intensità della violenza subita essendo identica la percentuale dei casi violenti ma le seconde mostrano percentuali di denuncia e di richiesta di aiuto ai centri antiviolenza più alte: rispettivamente 17.1% contro l’11, 4% e 6.4% contro il 3,2%;

le migrazioni portano con sé culture, tradizioni e norme sociali. In alcuni casi la cultura d’origine viene progressivamente abbandonata, in altri diventa espressione identitaria e le norme sociali dei Paesi di origine vengono confermate quando non rafforzate; per questa ragione le bambine e le ragazze di origine straniere presenti nel nostro Paese sperimentano forme di violenza dovute a pratiche tradizionali dannose come le mutilazioni dei genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati;

la violenza sulle donne si manifesta anche sul posto di lavoro: in una rilevazione del 2016 l’Istat stima che siano quasi un milione e mezzo le donne che hanno subito molestie, anche in forma di ricatti, nella loro vita lavorativa in una percentuale che si avvicina al 10% ma solo lo 0,7% ha denunciato di esserne stata vittima;

conoscere il fenomeno nei suoi aspetti quantitativi e qualitativi è indispensabile per capire le cause ed i contesti in cui maturano questi crimini e consentire l’elaborazione di efficaci politiche di prevenzione e di contrasto, oltre che di repressione:

il Parlamento Italiano nel maggio 2013 ha ratificato all’unanimità la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza contro le donne e la violenza domestica, adottata il 7 aprile 2011 (c.d. Convenzione di Istanbul) e che la stessa attua una strategia di intervento che privilegia la prevenzione del fenomeno, e soprattutto la protezione delle vittime,

impegna il Governo a

implementare il contenuto nella Convenzione d’Istanbul nel rispetto dello spirito della stessa, secondo le previste linee guida necessarie ad un’efficace lotta alla violenza di genere e in particolare contro le donne con misure di prevenzione, protezione, repressione, monitoraggio e integrazione delle singole politiche;

accelerare la predisposizione, la presentazione e l’attuazione del nuovo Piano Nazionale contro la violenza, le molestie, lo stalking, gli atti persecutori, i maltrattamenti sulle donne, con attenzione alle diverse età, fondato sulla prevenzione, protezione, assistenza e certezza della pena, prevedendo un’organica risposta a livello territoriale, che coinvolga associazioni, centri antiviolenza, reti, movimenti ed istituzioni al fine di rendere omogenee l’assistenza e la protezione delle donne e dei loro familiari, in particolare i e le minori;

promuovere campagne di educazione, sensibilizzazione e di promozione della consapevolezza sui temi della violenza di genere soprattutto fra le giovani generazioni perché siano in grado di cogliere presto segnali premonitori (early warnings) di una relazione violenta;

promuovere, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche, le imprese e le organizzazioni sindacali, campagne di sensibilizzazione sui luoghi di lavoro in tema di molestie, atti persecutori e violenze;

prevedere risorse e corsi per la formazione del personale sanitario, di polizia e dell’amministrazione giudiziaria e di tutti i soggetti coinvolti per assistere e accompagnare adeguatamente le vittime della violenza dal momento immediatamente successivo ai fatti violenti sino alla conclusione del procedimento giudiziario;

prevedere misure di assistenza psicologica e sociale, sostegno economico e logistico (abitazione), facilitazioni per l’accesso al lavoro per le vittime di violenza e di violenza assistita, e dei loro familiari, in particolare le e gli orfani di femminicidio;

introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado specifici progetti e corsi  di educazione all’affettività e alle relazioni interpersonali e tra i generi basate sui principi di uguaglianza e libertà, nel rispetto delle differenze di genere, dell’orientamento sessuale e di tutte le diversità;

intraprendere una immediata iniziativa normativa al fine di escludere l’applicazione dell’istituto dell’estinzione del reato per condotte riparatorie al delitto di atti persecutori, introdotto dall’articolo 162-ter del codice penale, previsto e punito dall’articolo 612-bis del codice penale;

prevedere un regolare e sistematico monitoraggio statistico con frequenza definita, che includa indicatori specifici per valutare il fenomeno nella sue diverse manifestazioni, comprese le forme di violenza sulle donne e le bambine di origine straniera, vittime di pratiche tradizionali dannose come le mutilazioni dei genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati;

prevedere nei reparti di pronto soccorso degli ospedali, nei commissariati e nelle stazioni dei carabinieri la presenza di personale femminile dedicato ed in ogni procura sezioni specializzate in tema di reati di violenza sulle donne e unità specifiche per la valutazione dei dati della violenza contro le donne e dei tempi relativi ai procedimenti ad essi riferiti.

 

Pia Locatelli

Michela Marzano

Oreste Pastorelli