mercoledì 9 Ottobre 2013

Legge contro la violenza sulle donne


9 ottobre 2013 Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere

 

Dichiarazione di voto

Abbiamo discusso a lungo sul testo di questo decreto-legge e il dibattito appassionato ha rivelato quanto avessimo e abbiamo a cuore il tema del violenza sulle donne. Ci siamo confrontate, e pure scontrate, con l’intento di migliorare un provvedimento che, mi permetta ancora una volta di ripeterlo, ci è giunto dal Governo in una forma che in tanti abbiamo ritenuto inadeguata. Ciononostante, diamo atto al Premier e al Governo di aver mantenuto la promessa di occuparsi del tema e di averlo fatto in tempi rapidi.

Ho già detto che allo strumento del decreto-legge avremmo preferito la via parlamentare ordinaria, e cioè che fosse il Parlamento nella pienezza dei suoi poteri a predisporre una legge organica, una volta ascoltate le associazioni femminili, che sono le vere esperte sul tema, essendo da anni sul campo. Per anni la violenza sulle donne è stata considerata un fatto privato, adesso finalmente ci si è accorti dalle dimensioni di questo tragico fenomeno, che da questione di donne è diventato un fatto pubblico e che riguarda tutti noi.

Non abbiamo a disposizione dati ufficiali, gli unici sono quelli che provengono dalle associazioni femminili che tengono questi terribili conteggi, e a quanti sostengono, sminuendo, che si tratta di numeri stabili, voglio ricordare fermamente che stabili non vuol dire che siano meno terribili.

Il testo originario risentiva del mancato coinvolgimento delle associazioni femminili e affrontava il tema della violenza sulle donne con un approccio secondo noi sbagliato, trattandolo soprattutto – non esclusivamente, ma soprattutto – come un problema di sicurezza e insistendo sull’aspetto positivo, ma la disponibilità del Governo e in particolare della Viceministra Guerra ad accogliere le modifiche, hanno però fatto sì che il testo, soprattutto nella nuova formulazione dell’articolo 5 e dell’articolo 5-bis, sia cambiato in meglio, e lo riconosciamo. Noi vogliamo anche mettere in evidenza i lavori delle Commissioni giustizia e affari costituzionali e dei due presidenti relatori; c’è stato molto lavoro su questo tema.

Se dobbiamo fare un bilancio, non possiamo dire che questo è il testo che noi volevamo, ma è stato migliorato e abbiamo contribuito a migliorarlo per quanto ci è stato possibile, grazie soprattutto alle indicazioni che ci sono arrivate dalle associazioni delle donne e dai centri anti-violenza. Si sentiva la mancanza della loro mano, ora nella versione finale questa mancanza si sente meno.

La discussione in Commissione, lo ripeto, ha consentito di migliorarlo, e voglio evidenziare un aspetto di miglioramento che ci piace molto: il coinvolgimento del Ministero della pubblica istruzione. Era un’anomalia l’assenza della Ministra Carrozza tra i Ministri firmatari del decreto-legge, perché è una presenza fondamentale, perché l’istruzione è la chiave del cambiamento culturale, l’educazione sarà sempre la chiave, a partire dall’educazione dei sentimenti.

Sono rimasti aperti due punti che ci stanno ancora un po’ qui: quello che riguarda l’uso del lessico, lo abbiamo sollevato ieri senza essere ascoltati. A proposito della rubrica dell’articolo 4, avevamo chiesto che il titolo della rubrica fosse cambiato perché, trattandosi di violenza contro le donne, noi leggiamo di «Tutela per gli stranieri vittime di violenza domestica». Avevamo suggerito una formulazione secondo noi propria, che è la «Tutela per le vittime straniere di violenza domestica». Davvero contiene due errori questo titolo, intanto perché parlando di violenza alle donne bisogna parlare delle donne e non degli stranieri, e poi questo linguaggio giusto, che è stato usato in tutto il decreto-legge, quando si parla di donne straniere cambia e diventa improvvisamente neutro. È una mancanza di rispetto nei loro confronti. Una parentesi: tra l’altro, tra i 155 sopravvissuti nella tragedia di Lampedusa, soltanto 4 sono donne. Questo è un dato significativo.

L’altro punto che è rimasto per noi aperto è quello a proposito dell’irrevocabilità mediana della querela, mediana perché è stato fatto uno sforzo per capire alcune ragioni.

Guardate, il cambiamento mette in relazione la revocabilità alla maggiore o minore gravità del reato, ma non risolve il problema. Abbiamo discusso in modo approfondito, in modo appassionato e poi la democrazia vince e, se la maggior parte delle persone hanno deciso diversamente, noi lo accettiamo. Però, siccome a noi sembrano ancora valide le ragioni che hanno indotto moltissime associazioni femminili a dirci di cancellare questa norma, temendo che consegua risultati opposti a quelli che intende raggiungere, abbiamo presentato un ordine del giorno che il Governo ha accettato nella sua sostanza e, con questo, abbiamo chiesto al Governo di prevedere la possibilità di rivedere la norma dopo un ragionevole, ma limitato periodo di osservazione. Vediamo se è una norma che funziona, o se – come noi temiamo – è una norma che non funziona. Si fa una verifica e oggettivamente poi si prendono, se del caso, i provvedimenti per cambiarla perché sappiamo che le certezze in questo campo non esistono, e allora rimettiamoci ai risultati di una verifica successiva. Saranno i dati a guidarci.

Questo decreto che stiamo convertendo è un primo passo – spero –, ma anche l’ordine del giorno a firma Giuliani ha inteso questo, cioè che sia il primo passo di un cammino molto più complesso, perché affrontare il tema della violenza maschile sulle donne significa fare riforme di carattere strutturale che abbiano chiaro che il primo obiettivo è quello di eliminare tutti gli ostacoli che impediscono alle donne di godere dei loro diritti fondamentali, che sono il diritto alla vita, all’integrità psicofisica, alla libertà sessuale, all’accesso alla giustizia, anche giustizia penale. Fermare questa tragedia è un impegno che riguarda tutti e tutte e, in particolare, chi, come noi, si trova a ricoprire ruoli istituzionali, e significa assumere impegni precisi per avviare azioni di contrasto, protezione, prevenzione e sensibilizzazione con politiche attive, coerenti e coordinate che coinvolgono i diversi attori istituzionali e non istituzionali a tutti i livelli.

Infine, una raccomandazione che faccio, citando testualmente il Presidente Letta, in occasione della sua richiesta di fiducia recente. Ha detto: «Il nostro Paese cade sull’applicazione delle cose». Impegniamoci a far rispettare questa legge perché qualunque legge, anche perfetta, diventa inutile se non si riesce a farla rispettare.