domenica 19 Marzo 2017

Intervento al Congresso straordinario del PSI


Care compagne, cari compagni

non è passato un anno dallo scorso congresso di Salerno e oggi ci troviamo di nuovo qui anche per le azioni di quanti preferiscono fare opposizione nelle pagine dei social network e nelle aule dei tribunali.

Una pagina triste che fa  torto a quanti nel partito a livello nazionale e a livello locale hanno continuato a lavorare tra mille difficoltà.

Lo scorso anno ho aperto il mio intervento al congresso ribadendo che questa è la mia casa, la mia famiglia e ricordando che nelle famiglie si litiga, si discute, si esprimono opinioni diverse, ma c’è poi un legame più forte e profondo che ti fa restare. E mi sono rivolta in maniera critica a quei compagni assenti che avevano preferito l’Aventino al confronto.

Qualcuno ha parlato di una sorta di congresso “riparatore” che come tale potrebbe sembrare destinato solo a ribadire quanto deciso lo scorso aprile a Salerno.

Qualcuno ha lamentato  che c’è solo una mozione in discussione, ma io chiedo a tutti coloro che hanno sollevato questa critica, cosa e chi ha impedito loro di raccogliere le firme e presentare una mozione alternativa. Perché solo commenti su Facebook? Per fortuna noi siamo ancora un partito dove le decisioni non vengono prese a colpi di clik e di “mi piace”.

Detto questo vorrei cercare di dare un contributo per far sì che questo Congresso non sia un atto dovuto, ma fornisca risposte su quello che sarà il nostro futuro.

Lo scenario rispetto a un anno fa è profondamente cambiato: ci siamo lasciati con il leader del Pd e Presidente del Consiglio che pensava di vincere il referendum costituzionale e uscirne rafforzato, e ci ritroviamo invece con il maggior partito di maggioranza in grande difficolta.

E’ chiaro che non bastano slogan e tweet.

E’ chiaro che non ce la si cava scaricando le colpe su gufi e frenatori.

Serve lavoro di squadra, serietà, competenze, ascolto e dialogo anche con chi la pensa diversamente; anche un po’ di meritocrazia, anche di umiltà.

Dicevo che lo scenario è cambiato: la scissione del PD, la nascita di un nuovo partito a sinistra che ha raccolto anche pezzi di Sel, l’iniziativa di Pisapia, le primarie e il Congresso del Partito democratico rappresentano nuovi scenari con i quali dobbiamo per forza confrontarci

Le cose si stanno muovendo anche nei partiti di centro: penso al nuovo partito in fieri di Alfano e Cicchitto, le cui posizioni, mi riferisco a Cicchitto, soprattutto in tema di diritti civili e di politica estera, sono sempre più spesso vicine alle nostre.

E penso ai radicali, che sono il nostro vicino più naturale con il quale costruire alleanze. Con i Radicali abbiamo lavorato tantissimo in questa legislatura e ci hanno aiutato a portare avanti battaglie che hanno fatto dell’Italia un Paese più civile. Cito tre temi per tutti nei quali il nostro contributo è stato importante, anche determinante: divorzio breve, legge sulle unioni civili e legge sul testamento biologico.

Capisco che in questa situazione di totale incertezza e nell’incognita di quale sarà la legge elettorale con la quale andremo a votare, ormai credo il prossimo anno, sia difficile, se non impossibile prendere delle decisioni e delle direzioni.

E comprendo che su queste decisioni peserà inevitabilmente anche la ricerca di una strada per portare una presenza socialista in Parlamento.

Ma proprio perché la situazione è fluida sono convinta che non dobbiamo appiattirci su un’unica posizione e assecondarla in maniera acritica, ma guardare anche a cosa sta accadendo intorno, tenendo fermi i nostri principi, ma senza chiudere le porte ad altre possibili alleanze.

Purtroppo, la prospettiva che più mi piacerebbe – e sono sicura di non sbagliare se penso che piacerebbe anche a voi – quella di presentarci alle elezioni col nostro simbolo, assai difficilmente ci consentirebbe di tornare in Parlamento. Proporla vorrebbe dire dunque – realisticamente – prevedere di tornare a essere una forza extraparlamentare come fummo tra il 2008 e il 2013.

Abbiamo sostenuto con lealtà il Governo Renzi anche quando non condividevamo pienamente le sue scelte.

Lo abbiamo detto nei nostri interventi in Aula, perché un conto è essere alleati, un conto è essere sudditi. Non è il nostro caso.

Oggi sosteniamo convintamente il governo Gentiloni che sicuramente con un diverso stile, sta facendo un buon lavoro. Ma sono dell’opinione che questa lealtà non debba mai trasformarsi in un’alleanza scontata con il PD, qualunque sia il suo leader e qualunque cosa faccia.

Penso che su alcuni temi possiamo, e dobbiamo, marcare la differenza.

Ad esempio penso che dobbiamo cercare di spostare più a sinistra l’asse della maggioranza.

E distinguerci, facendo sentire la nostra voce laica e riformista e dicendo anche dei ‘no’, quando non siamo d’accordo.

Vorrei che fosse ben chiara la distanza che a volte ci separa quando il Pd sembra rincorrere sul loro terreno i populisti, com’ è avvenuto ad es quando si è cercato di scaricare le nostre difficoltà a far quadrare i conti su fantomatici euroburocrati di  Bruxelles. Non va bene l’austerità per principio, e so bene che ci sono quelli che dell’austerità hanno fatto e fanno una sorta di feticcio, ma non possiamo dimenticare che il nostro debito pubblico è pesante e non può dissolversi con un atto di fede tantomeno con un tweet.

Macron in Francia, rischia di vincere le elezioni presidenziali anche perché ostenta in faccia alla destra lepenista un europeismo convinto, non di facciata. Dobbiamo dire agli italiani che per il nostro Paese fuori dall’euro e dalla Ue c’è solo un baratro economico, politico e sociale. Poi discutiamo di quale europa parliamo:

Le ricerche ci dicono che la maggioranza dei cittadini europei è eurocritica, non euroscettica.

E a proposito di critiche all’Europa di oggi: la gestione dei flussi migratori, che non può che essere europea perché la dimensione normale è quella!! Ne ho parlato in mille occasioni: un solo dato: tutta l’Europa invecchia e noi abbiamo bisogno di nuova linfa vitale che solo l’immigrazione ci può dare. Ci piaccia o non ci piaccia.

Non mi è mai piaciuta la sensazione di lisciare il pelo a giustizialisti e forcaioli, sostenendo in Parlamento leggi marcate da una certa vena di ‘populismo penale’, pensando così di conquistare qualche simpatia in un elettorato che storicamente, culturalmente, – e direi sentimentalmente – non ci è mai stato vicino e mai lo sarà.

Non serve a nulla lasciar intendere che è soprattutto l’Europa che ci tarpa le ali.

Non serve a nulla inseguire Grillo, Salvini, Meloni sul loro terreno.

Non serve a nulla cavalcare temi come l’abolizione dei vitalizi, – peraltro già avvenuta ben tre anni fa – oppure l’annosa questione degli stipendi dei parlamentari. Se si tratta di provvedimenti giusti, si portino in Aula e si votino, altrimenti meglio combattere il populismo a viso aperto

Non sono questi i voti della sinistra, non sono i nostri voti.

E soprattutto non sono i voti che voglio.

E lo dico anche ai nostri compagni perché ho letto molti commenti su questo tono. Compagni, non siamo noi quelli che lisciano il pelo al giustizialismo!!!

A proposito di parlarci guardandoci negli occhi, voglio raccontarvi una cosa che mi ha colpito e addolorato che mi è accaduta pochi giorni fa. Nel corso di una conferenza stampa ho incontrato un compagno che mi ha preso da parte e mi ha detto “Il partito non fa nulla sul testamento biologico”.

Ecco, mi sono cascate le braccia.

Il testamento biologico è il primo provvedimento che ho presentato in questa legislatura.

Ho dato vita e coordinato l’intergruppo per il testamento biologico con l’obiettivo di farlo calendarizzare .

Ho lavorato prima con Beppino Englaro per il testo di legge e recentemente con Mario Riccio e con l’Associazione Coscioni per presentare degli emendamenti al testo uscito dalla Commissione Affari sociali che ricalca in buona parte la nostra proposta.

Ho organizzato e partecipato a convegni sul tema in diverse città d’ Italia.

E un compagno, uno dei nostri, mi dice che non abbiamo fatto nulla!

Ecco allora io vorrei dire a voi, ai dirigenti, agli iscritti, che forse dovremmo ricominciare a informarci almeno su noi stessi.

Abbiamo un giornale, l’Avanti! che grazie a Mauro Del Bue e a due, ripeto due, soli redattori: Daniele Unfer e Teresa Olivieri, – che voglio ringraziare per il loro lavoro e la loro dedizione – quotidianamente informa sul lavoro che facciamo in Parlamento.

Abbiamo un sito del Partito. E dobbiamo dire grazie a Emanuele Pecheux e a Giada Fazzalari….

Grazie, davvero grazie!

Abbiamo i nostri siti personali e le nostre pagine Facebook. Personalmente mando una newsletter tutte le settimane dove faccio il resoconto della mia attività. Ogni settimana!

Strumenti per informarsi e per sapere ce ne sono e vi invito a consultarli non per un riconoscimento personale, ma perché sono la testimonianza concreta che il partito, anche se piccolo, c’è, è vivo, e porta a casa dei risultati.

Siamo solo due, Oreste Pastorelli ed io, ma vi assicuro che alla Camera, forse perché riusciamo a intervenire su tutto o  quasi, anche più volte nello stesso giorno, siamo stimati e tenuti in considerazione.

Siamo piccoli, non siamo inutili.

Non starò a ripetervi quanto abbiamo fatto nel corso della legislatura, cosa che feci nell’intervento a Salerno. Vi darò solo qualche breve flash di aggiornamento su questi ultimi mesi.

Come presidente del Comitato Diritti umani ho continuato a portare avanti iniziative di ascolto e di denuncia. Cito anche qui i tre casi più significativi: la Turchia, dove mi sono recata con una delegazione del PES per protestare contro gli arresti indiscriminati che hanno fatto seguito al fallito golpe; compresi 11 nostri compagni parlamentari del partito HDP dell’Internazionale Socialista.

L’Egitto sollevando il tema della opportunità di un rinvio del nostro ambasciatore al Cairo per vedere se questo cambio di rotta possa contribuire ad avere finalmente la verità sul caso Regeni.

E infine il riconoscimento del genocidio yazida per il quale abbiamo presentato una mozione accolta dal governo, e di cui i rappresentanti di questa comunità di un milione di persone erano informatissimi quando li abbiamo incontrati lo scorso mese in una missione di amicizia nel Kurdistan iracheno. Proprio l’altro ieri ho chiesto al nostro ambasciatore alle Nazioni Unite di attivarsi in sede di Consiglio di Sicurezza di cui facciamo parte in questo 2017.

Sul fronte della politica estera in questi mesi abbiamo approvato definitivamente la legge sulle missioni internazionali che dà risalto al ruolo delle donne nella soluzione dei conflitti e nella costruzione della pace. Un ruolo reso sempre più indispensabile dai cambiamenti messi in atto nelle attuali guerre dove a essere maggiormente colpita e coinvolta è soprattutto la popolazione civile, donne e bambini. Per questo ho lavorato per far approvare nella legge di bilancio il finanziamento il piano d’azione previsto dalla risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza Onu su donne, pace e sicurezza. Sui diritti civili ho parlato prima, mentre sull’impegno nei confronti delle popolazioni colpite dal terremoto e sulle iniziative ambientali, altri temi che ci hanno visto in prima linea, ci ha parlato ieri Oreste Pastorelli.

Per chiudere vorrei fare alcuni brevissimi cenni alla politica internazionale e alle prossime sfide del socialismo in Europa e nel mondo.

Queste sfide sono le stesse che ci attendono qui in Italia.

Al congresso dell’Internazionale Socialista che si è tenuto all’inizio del mese a Cartagena, dove sono stata eletta vicepresidente, non c’è stato solo il tema della pace e di come mantenerla una volta conquistata, ma anche dell’equità e della solidarietà.

L’ultimo decennio di una globalizzazione a cui sono stati tolti i freni, ha prodotto un gigantesco impoverimento delle classi medie in America e in Europa con un trasferimento di ricchezza in parte verso la Cina – vi è chiaro perché il primo ministro cinese Xi Jingping segretario del partito comunista cinese e presidente della Repubblica cinese, comunista, ha tessuto le lodi della globalizzazione? -in parte verso la cima della piramide sociale. È esploso il fenomeno dell’elusione fiscale, della ricerca dei paradisi fiscali dove nascondere incredibili ricchezze.

In Italia, ma nel resto del mondo industrializzato non ci sono molte differenze se non in meglio, nel 2016 l’1% deteneva il 25% dell’intera ricchezza nazionale.

Nello stesso tempo sono raddoppiati gli italiani in povertà assoluta: 4 milioni e mezzo. Erano meno della metà nel 2005.

Una povertà che ha colpito di più le famiglie operaie, quelle conp più figli e figlie, e i giovani e le giovani. Sì, proprio loro.

E allora perché ci stupiamo se si allontanano dalla politica e scelgono la protesta?

E questo elemento ci porta all’altro nodo chiave dei nostri giorni, la disoccupazione.

Non basta aumentare i posti di lavoro – di un’inezia peraltro come ci dicono gli ultimi dati Istat – questi posti devono essere retribuiti dignitosamente, meglio se per lavori a tempo indeterminato.

Solo così si dà fiducia vera e si riapre il mercato interno.

Per riequilibrare questa Italia servono risorse da investire in programmi di sviluppo e assistenza.

Anticipo la vostra domanda: dove prendere queste risorse?

No, non nella flessibilità, parola elegante che nasconde una indicibile verità, ovvero fare altri debiti sulle spalle delle generazioni future.

Dobbiamo concretizzare il concetto di equità e far rispettare l’art.53 della nostra Costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Dunque facciamo una battaglia seria contro l’evasione. Non mandiamo brutti segnali come l’innalzamento all’uso del contante che autorizzano a pensare che lo Stato è pronto a chiudere un occhio o anche tutti e due.

Ecco, vi ho sintetizzato la mia filosofia di quello che dovrebbe essere un programma di sinistra, dei socialisti e delle socialiste.

Libertà, sviluppo e soprattutto giustizia sociale e giustizia fiscale.

Da qui ripartirei. E da una nuova Europa, dagli Stati Uniti d’Europa, ancora tutti da costruire dopo sessant’anni dalla firma dei trattati di Roma. Ripartiamo da qui. Con vision verso il futuro e realismo delle radici.


Categorie