venerdì 11 Settembre 2015

Interpellanza su rimpatrio Nigeriane


11 settembre 2015 Iniziative volte a migliorare le procedure di identificazione e di rimpatrio dei migranti, alla luce della vicenda che ha interessato 69 immigrate trattenute presso il centro di Ponte Galeria a Roma n. 2-01065 Locatelli ed altri (Urgente)

 

Grazie, Presidente. Con me vi sono altri 90 tra colleghi e colleghe. In questi mesi sono stati effettuati nel Mediterraneo centinaia di salvataggi, per fortuna. Io voglio richiamare l’attenzione di quest’Aula e del Governo su uno di questi salvataggi avvenuto a metà luglio, che ha riguardato e che ha salvato la vita di 69 donne di presunta cittadinanza nigeriana, provenienti dalla Libia.

Queste donne e ragazze sono state indirizzate nei centri di prima accoglienza di Lampedusa, Pozzallo e Augusta. A tutte le 69, comprese le tre in evidente stato di gravidanza, sarebbe stato notificato un decreto di respingimento immediatamente dopo la loro fotosegnalazione, con trasferimento al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma, per essere rimpatriate dalla frontiera di Roma Fiumicino.

A tutte loro è stato convalidato il provvedimento di trattenimento senza prendere in considerazione né la loro condizione fisica né il motivo del viaggio attraverso il Mediterraneo. Sono state procedure rapidissime, perché è bastata la loro nazionalità per fornire il cosiddetto foglio di via, il decreto di rimpatrio. In pullman sono arrivate a Roma, a Ponte Galeria, e all’arrivo era presente un addetto del Consolato della Nigeria per il loro riconoscimento, che è necessario per la procedura di rimpatrio.

Tutto perfetto. Di questi fatti ci hanno informato alcuni esponenti di «LasciateCIEntrare», che è una campagna nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei CIE e nei CARA. Grazie a questo loro impegno, noi siamo venuti a conoscenza di questi fatti. Senza questo loro impegno, forse non lo avremmo saputo.

Queste donne sono state portate a Ponte Galeria, ma ci è stato segnalato che, al momento dello sbarco, a nessuna sarebbero stati fatti conoscere i loro diritti. Quindi, non sarebbero state date le informazioni per presentare richiesta di protezione in Italia.

Noi pensiamo che non sia necessario essere degli esperti di politica internazionale per sapere cosa succede in Nigeria, in Africa, in Libia, nel Mediterraneo e per conoscere le storie di queste donne, perché sono storie di abusi, violenze, prigionia, ricatti, ricatti sessuali e psicologici.

Sono partite da un Paese considerato sicuro, nel quale quindi è consentito essere rimpatriate. Ragazze, alcune appena maggiorenni, che sono in viaggio da mesi, qualcuna da anni, e alle quali è stato offerto loro un viaggio gratis e lo hanno accettato per ingenuità o forse per la disperazione. Queste donne hanno detto: voi non sapete cos’era quell’inferno. Inferno che hanno sperato di aver lasciato alle spalle. Però, come dicevo, è bastata la loro nazionalità per fornir loro il foglio di via. Poi ci sono state le udienze: la prima udienza il 25 luglio con tre giudici diversi e, secondo quanto ci è stato detto, queste udienze si sarebbero risolte in cinque minuti di colloquio. Per fortuna, anche grazie ad alcuni sostegni, queste donne hanno presentato richiesta di asilo e, per questa ragione, l’udienza di proroga del trattenimento si è tenuta di fronte al giudice ordinario il 17 agosto con la richiesta di proroga di 30 giorni ma in assenza delle interessate. Per farla breve, tra pochi giorni ci sarà questa nuova udienza e allora che cosa facciamo ? Che

cosa succede ? Interpelliamo i Ministri dell’interno e della giustizia per sapere, primo, se il Governo sia a conoscenza di questi fatti che abbiamo raccontato e quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla situazione che riguarda queste giovani donne nigeriane, ragazze e donne. E ci piacerebbe anche che questa nostra interpellanza urgente venisse sentita come sollecitazione ad agire. Ci piacerebbe anche sapere e interpelliamo il Governo per sapere se siano state assunte ed eventualmente quali misure siano state assunte per dotare le vecchie e le nuove commissioni territoriali di personale competente, capace di conoscere la pericolosità di alcuni contesti. Tutti sappiamo che cosa succede in Nigeria e il nome avrebbe dovuto far scattare un campanello d’allarme: Boko Haran oppure la campagna di cui abbiamo parlato anche in quest’aula, Bring back our girls, che si riferiva alle ragazze nigeriane. Vorremmo anche sapere se il Governo intenda adottare iniziative perché le attività di convalida si svolgano salvaguardando le condizioni di imparzialità della funzione giurisdizionale perché, così come è segnalato dal Consiglio superiore della magistratura, la decisione di tenere le udienze di convalida nei CIE pregiudica la funzione di imparzialità ed infine se il Governo non ritenga necessario ed urgente adottare misure volte ad ospitare queste donne nigeriane in strutture che non prevedano la totale privazione della libertà di movimento e di comunicazione con l’esterno, strutture che sono già state individuate dalla campagna «LasciateCIEntrare» e pronte all’accoglienza di tutte le richiedenti asilo. Un’informazione aggiuntiva che ho ricevuto questa mattina è la seguente: il 3 settembre quattro di queste giovani donne nigeriane hanno lasciato il centro.

 

 

Risposta Governo

 

DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l’interno. Con l’interpellanza all’ordine del giorno l’onorevole Locatelli – ma come lei rammentava molti altri colleghi – pone all’attenzione del Ministro dell’interno la vicenda relativa a 69 donne di nazionalità nigeriana trattenute nel centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma, soffermandosi in particolare sul ruolo delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale nonché sulle modalità di svolgimento delle udienze di convalida del trattenimento nel CIE.

Lo scorso 23 luglio la polizia di frontiera ha effettuato un volo charter per il trasferimento di 68 cittadine nigeriane presso il CIE di Ponte Galeria, che erano sbarcate sulle coste siciliane.

Il trasferimento si è reso necessario in ragione del fatto che le cittadine nigeriane avevano dichiarato all’atto dell’identificazione di essere giunte in Italia per motivi di lavoro e pertanto, non essendo in regola con le norme sul soggiorno, erano state destinatarie di provvedimenti di respingimento e trattenimento emessi dai questori di Agrigento e di Siracusa.

Per inciso, evidenzio che, in linea generale, già nell’immediatezza degli sbarchi ha luogo l’attività identificativa degli stranieri con procedure in grado di garantire il pieno rispetto dei loro diritti.

Infatti, mediante l’ausilio di interpreti e di mediatori culturali qualificati, vengono comunicate prontamente al personale della questura eventuali esigenze di protezione rappresentate dagli immigrati stessi.

Le cittadine nigeriane sono state, inoltre, visitate da personale medico che, dopo i controlli di rito volti alla verifica dell’assenza di patologie conclamate di carattere infettivo o di uno stato di salute debilitato che esclude il trattenimento coatto, ha redatto la certificazione medica sulla loro idoneità al viaggio. Al momento dell’accesso presso il CIE di Ponte Galeria, le medesime cittadine sono state ulteriormente sottoposte a un’accurata visita sanitaria a seguito della quale quattro di esse sono risultate in stato di gravidanza, condizione questa che, com’è noto, rende inespellibili le persone. Di conseguenza per due di esse non si è proceduto nemmeno all’ingresso nel centro in quanto sono state accompagnate presso un’apposita struttura ubicata in via Pineta Sacchetti, da dove peraltro una delle due si è successivamente allontanata. Le altre due donne incinte sono state dimesse dal CIE in data 24 e 25 luglio scorso, rifiutando la collocazione offerta. Allo stato attuale, pertanto, solo una delle quattro donne risulta ospitata presso il centro di via Pineta Sacchetti in quanto le altre tre si sono allontanate di loro iniziativa, autonomamente. Nessuna delle quattro ha presentato domanda di protezione internazionale.

Successivamente alla convalida dei provvedimenti di respingimento e trattenimento da parte dell’autorità giudiziaria, le restanti 64 cittadine nigeriane hanno formalizzato istanza di protezione internazionale. Poiché l’audizione delle straniere era stata fissata dalla commissione in data successiva alla scadenza del termine di trattenimento, la questura di Roma ne ha chiesto la proroga, effettivamente concessa il 17 agosto dal tribunale ordinario di Roma, in modo da consentire alle straniere, a tutela del loro stesso interesse, di presenziare all’audizione, disposta d’urgenza presso il CIE.

In relazione poi all’espletamento dell’udienza di convalida del provvedimento questorile di proroga presso il CIE e non presso il tribunale, faccio presente che il giudice ordinario ha optato per la prima soluzione per motivi logistici e organizzativi legati anche alla tutela dell’ordine pubblico, nonché al fine di consentire lo svolgimento dell’udienza di proroga entro le 48 ore dall’istanza, alla presenza delle interessate, in conformità alla richiesta del loro difensore.

Quanto invece alla richiesta della difesa di trattazione del procedimento in pubblica udienza, va rilevato che nel caso di specie non apparivano sussistenti i relativi presupposti procedurali. Il procedimento in questione è infatti assoggettato a rito camerale, con conseguente trattazione in camera di consiglio, a tutela delle esigenze di riservatezza, vertendosi su posizioni soggettive del tutto peculiari.

Per quanto riguarda il CIE di Ponte Galeria, segnalo che la struttura è stata appositamente progettata per far fronte, nel rispetto appunto della riservatezza delle persone e del buon andamento dei procedimenti giudiziari, anche alle esigenze di difesa degli interessati. All’interno sono, infatti, allestiti appositi spazi per i colloqui tra gli assistiti e i legali che possono accedervi senza restrizioni, mentre altri spazi sono adibiti ad aula di udienza. Per quanto concerne invece l’esito delle audizioni effettuate dalla commissione territoriale, informo che per 46 cittadine è stata denegata la protezione internazionale richiesta, e dunque, nei confronti delle stesse, salvo l’eventuale presentazione di ricorso, verrà eseguito il respingimento. In due casi è stata riconosciuta la protezione sussidiaria, e in altre due la commissione ha raccomandato al questore il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari mentre per un caso è in corso di perfezionamento il provvedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato.

Le residue 13 istanze sono ancora al vaglio della commissione territoriale competente, la cui complessa attività, come quella di tutte le altre commissioni, viene svolta con la necessaria professionalità e imparzialità sulla base di una conoscenza approfondita della situazione geo-politica dei Paesi di provenienza dei richiedenti asilo, informazioni peraltro spesso trasmesse – quelle internazionali, intendo dire – dalle organizzazioni umanitarie. I componenti delle commissioni territoriali svolgono, quindi, un percorso iniziale di formazione obbligatoria e successivi corsi di aggiornamento organizzati dalla commissione nazionale per il diritto di asilo.

In particolare, per quanto riguarda la disponibilità e l’aggiornamento delle informazioni sui Paesi d’origine, si fa riferimento all’unità COI (Country of Origin Information) della citata Commissione nazionale che opera in stretta collaborazione con l’Ufficio europeo di sostegno all’asilo (EASO).

Nel caso in questione, la commissione territoriale di Roma, tenendo conto del particolare contesto nigeriano ove non necessariamente sussiste un conflitto armato, nonché dell’eventualità che le richiedenti fossero vittime di tratta di esseri umani, ha offerto supporto a tutte le richiedenti asilo, indirizzandole all’associazione Be Free, che si dedica a questi temi, e con cui è vigente una specifica convenzione. Va tuttavia precisato che non tutte le migranti hanno accettato il sostegno proposto, mentre ne hanno fatto ricorso con certezza le cittadine nigeriane per le quali la decisione della commissione non è ancora definita.

In tali casi, la commissione è in attesa di ricevere una relazione da parte della predetta associazione Be free sulla situazione delle migranti. Osservo, infine, che la commissione territoriale di Roma effettua di norma le audizioni dei cittadini nigeriani con la partecipazione di un funzionario di Roma capitale, esperto della situazione di quel paese e soprattutto – credo che questo sia il dato più rilevante – con il rappresentante dell’alto commissariato per i rifugiati in grado di fornire quindi un apporto più che qualificato all’esame del caso.

Questi sono i fatti dai quali emerge che le cittadine nigeriane hanno avuto modo di esercitare per intero i diritti riconosciuti loro dall’ordinamento giuridico nella qualità di richiedenti asilo.

 

Replica

 

Signor Presidente, lei sa signor sottosegretario che noi abbiamo spesso apprezzato il suo lavoro in diverse occasioni ma con questa sua risposta non posso ritenermi pienamente soddisfatta. Sono un pochino soddisfatta, ma perché non posso dirmi pienamente soddisfatta ? Perché lei ha concluso dicendo che tutte queste donne hanno avuto la possibilità di esercitare i loro diritti. Ma se non ci fosse stato un allarme iniziale e un’assistenza queste 69 donne, tranne quelle in evidente stato di gravidanza, sarebbero state rispedite via, se non ci fosse stato questo intervento di alcune persone, in particolare, gli esponenti del «lasciateCIEntrare» per segnalare e bloccare la situazione. C’è stata questa coincidenza fortunata. Se questi esponenti non fossero stati lì, la gran parte di loro – quasi tutte, tranne, evidentemente, quelle incinte – sarebbero state mandate via. Non può andare bene questa cosa; non è assolutamente accettabile.

Un’altra cosa. Lei ha parlato di dichiarazione di queste donne riguardanti motivi di lavoro. Bisogna anche saper leggere le dichiarazioni e bisogna anche saper leggere i corpi delle persone. Mi risulta che sui corpi di alcune di queste donne ci sono delle evidenti bruciature. Lei ha parlato di doppie visite. Perché ci segnalano queste presenze di corpi segnati ? Io credo che in questo contesto generale di cambiamento di linea rispetto alla gestione, lo dico tra virgolette, di questo esodo perché non si può nemmeno parlare di flussi di migranti, perché per la stragrande maggioranza dei casi si parla di rifugiati, credo che un’attenzione e uno scrupolo assoluti debbano essere utilizzati, debbano guidare i nostri comportamenti. Certo, ci sono le regole, c’è la burocrazia, ma in questo momento dobbiamo essere capaci di leggere la realtà e leggere attraverso le regole, interpretandole veramente.

Sono molto contenta che in questa giornata si marcerà nel nostro paese. In 71 città ci saranno marce di donne e uomini scalzi per segnare un’attenzione perché finalmente anche chi è attento all’accoglienza, attento ai problemi dell’esodo e attento all’umanesimo che ci deve guidare, tutte queste persone fanno sentire la propria voce. Così non sentiamo soltanto la voce di quelli che sono contro, che vogliono costruire i muri, che vogliono di nuovo l’Europa con le frontiere. Proprio ieri è partito un altro muro in Macedonia. L’Europa è nata con un progetto diverso, quello di abbattere i muri e di arrivare ad una unione e ad un progetto comune. Mi piacerebbe che questa attenzione permeasse anche i comportamenti dei legislatori, del Governo, dei funzionari che forse hanno bisogno di maggiore attenzione, di educazione, di informazione e anche un poco di – permettetemi – di educazione sentimentale.