martedì 14 Gennaio 2014

Integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali


PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati

MOLEA, DI LELLO, LOCATELLI, NESI, CESA, LIBRANDI, FOSSATI, DE MITA, RAMPI, BUTTIGLIONE, ZAMPA, CAUSIN, BOMBASSEI, GALGANO, FRATOIANNI, RABINO, VARGIU, BINETTI, CIMMINO, CAPUA, TINAGLI, ANTIMO CESARO, SOTTANELLI, MANZI, PASTORELLI, COSTANTINO, LAINATI, COCCIA

Disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali

Presentata il 14 gennaio 2014

 

Onorevoli Colleghi! L’attività sportiva non professionale sia a livello di base sia a livello agonistico oggi assume un’essenziale valenza di integrazione sociale secondo un’accezione consolidata a livello europeo e sostanzialmente riconosciuta nel nostro ordinamento.

Tuttavia la legislazione italiana presenta ancora delle distonie anche con riferimento al rapporto tra ordinamento giuridico e ordinamento sportivo che talvolta possono imporre come effetto indiretto limiti non coerenti con la funzione sociale dello sport.

Nello specifico emerge che per effetto di regolamentazioni le federazioni sportive che fanno capo al Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) adottano regole e procedure che impediscono il tesseramento di giovani non in possesso della cittadinanza italiana nel momento del passaggio dall’attività sportiva di base a quella agonistica. Ciò può quindi impedire a giovani talenti figli di genitori di Paesi non dell’Unione europea e nati o cresciuti nel nostro Paese, che hanno iniziato un percorso sportivo, di non poter seguire i compagni nell’attività agonistica per motivi legati al possesso della cittadinanza. In queste situazioni giovani talentuosi per i quali l’attività sportiva può rappresentare un’importante occasione di integrazione si vedono in maniera inaccettabile e discriminatoria negato il diritto di fare attività sportiva, divertirsi, competere, crescere e integrarsi in una società dove, ovviamente, si sentono a casa loro.

La situazione che emerge è una ricaduta indiretta del combinato disposto della legislazione sulla cittadinanza e dell’ordinamento sportivo che, pur ispirandosi entrambi a princìpi e regole che assicurano la piena tutela a tutti i minori che fanno ingresso nel territorio dello Stato anche in base alle previsioni contenute in trattati internazionali come la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, di fatto non garantiscono alcuni diritti fondamentali della persona.

Con la presente proposta di legge si intende assicurare l’accesso alla pratica sportiva del minore in quanto tale e, quindi, della «persona» e non solo del cittadino, senza entrare nel complesso problema della cittadinanza. Si riconosce e si tutela l’accesso dei minori stranieri allo sport inteso come «qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata, o no, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni a tutti i livelli» secondo la definizione adottata dalla Commissione dell’Unione europea nel Libro bianco sullo sport del 2007, (Bruxelles, 11 luglio 2007, COM(2007)391 definitivo) che, tra l’altro, precisa che «lo sport può anche facilitare l’integrazione nella società dei migranti e delle persone d’origine straniera, e sostenere il dialogo interculturale».

 

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. I minori di anni diciotto che non sono cittadini italiani e che risultano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età possono essere tesserati presso società sportive appartenenti alle federazioni nazionali o presso associazioni di promozione sportiva con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani.
  2. Il tesseramento di cui al comma 1 resta valido per un anno dal compimento del diciottesimo anno di età nelle more della conclusione delle procedure per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei soggetti che, ricorrendo i presupposti di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, hanno presentato tale richiesta.