mercoledì 12 Aprile 2017

Decreto Migranti, i socialisti non votano e lasciano l’Aula


DICHIARAZIONE VOTO DECRETO MINNITI 12-4-17

Come ho detto nella dichiarazione di fiducia al Governo, non posso non esprimere il disagio del Gruppo socialista nei confronti di questo provvedimento. E’ un disagio che si riferisce in primis al metodo, perché siamo convinti che un provvedimento importante e complesso come questo avrebbe dovuto essere esaminato, discusso, eventualmente emendato dalle Commissioni e dall’Aula. Così non è stato e ci troviamo a dover votare, in tempi strettissimi, un testo blindato che a nostro parere presenta numerose criticità, accanto ad alcuni aspetti positivi: tra questi l’aumento, attraverso nuovi concorsi, del personale destinato al potenziamento delle Commissioni territoriali che esaminano le domande di protezione internazionale; l’inserimento dei migranti in lavori socialmente utili; la formazione dei magistrati specializzati in materia; il potenziamento della nostra rete diplomatica nei Paesi di provenienza dei migranti.

Questi punti meritevoli però rischiano di venire completamente oscurati dal venir meno del rispetto dei principi di garantismo e di difesa dei diritti umani che noi socialisti abbiamo sempre sostenuto. In particolare attraverso la procedura unica per le espulsioni, che mette sullo stesso piano il migrante con precedenti penali o che commette un reato con quello che è privo di permesso di soggiorno; l’abolizione del secondo grado di giudizio per riconoscimento del diritto d’asilo, l’eliminazione del contradittorio limitato da una procedura semplificata priva del dibattimento (rito camerale)… di fatto configurano per i migranti una giustizia minore molto simile a una sorta di “diritto etnico”. Con questo provvedimento si crea una procedura specifica per gli immigrati che solleva non pochi dubbi di costituzionalità.

Il nostro Paese, che più di tutti ha fatto nel soccorso in mare e che si è distinto per generosità e sostegno di migliaia di disperati in fuga da guerre e violenze, è stato lasciato solo a gestire l’accoglienza come se il problema fosse tutto italiano. Noi fino ad ora non abbiamo nulla da rimproverarci nell’accoglienza dei migranti: siamo stati i più aperti e i più generosi dall’inizio e abbiamo continuato a farlo mentre altri alzavano muri.

L’Europa ha risposto in maniera disomogenea, tardiva, insufficiente: alcuni Paesi continuano a non rispettare, implementandoli, gli impegni sul ricollocamento dei migranti costringendo altri Paesi, tra cui il nostro, a sostenere il peso maggiore. Allo stesso tempo diventa esigentissima e rigidissima quando parliamo di rispetto dei parametri riferiti a deficit e debito di un Paese, a partire dal nostro. Due pesi e due misure a seconda dell’argomento in questione. Francamente inaccettabile.

E’ chiaro che la questione della governance delle migrazioni richieda dei provvedimenti. Questo decreto poteva essere lo strumento giusto. Così non è, ed è un’occasione persa.

Il provvedimento in esame affronta il problema quasi esclusivamente da una prospettiva di punizione, di repressione del fenomeno. Eppure sappiamo bene, lo stiamo sperimentando da qualche anno che muri, fili spinati e respingimenti nulla possono contro la disperazione di chi scappa da guerre e violenze e vede nella fuga l’unica possibilità di sopravvivere. Si trattasse semplicemente di un’operazione di polizia il problema sarebbe più facilmente risolto. E lo dico ai colleghi della Lega e a coloro che ripetono come un mantra “via chi non ha diritto”.

Ecco, l’impressione è che con questo decreto il Governo abbia voluto ascoltare e, in qualche modo, assecondare quel mantra per motivi oserei dire di propaganda, nel tentativo di raggiungere un certo elettorato, di tranquillizzarlo.

Il Ministro Minniti, il Governo, la maggioranza e le stesse opposizioni sanno benissimo che con le misure previste non si risolve il problema dei rimpatri quasi sempre impossibili e sempre costosissimi.

Sappiamo tutti benissimo che in mancanza di documenti che accertino l’identità personale o di accordi bilaterali tra il nostro Paese e quello di provenienza del migrante il rimpatrio non si può fare.

Secondo il Piano di azione pubblicato dalla Commissione europea i Paesi dell’Unione europea rischiano di trovarsi a gestire il rimpatrio di oltre un milione di migranti.

In Italia sono diverse migliaia i migranti che, avendo fatto richiesta di asilo, se la sono vista respingere. Restano nel Paese con un foglio di via che impone di lasciare il territorio nazionale entro una manciata di giorni. Cosa che puntualmente non accade. Accade invece che senza diritti né doveri, i migranti respinti sono esposti allo sfruttamento e all’illegalità. Un vero e proprio regalo per il caporalato e le mafie.

D’altra parte il fenomeno migratorio ha una sua ineluttabilità a fronte di situazioni di crescita demografica non controllata, di conflitti più o meno estesi e radicati e anche di un ambiente che diventa sempre meno ospitale per l’innalzamento della temperatura, l’avanzamento delle zone desertiche nella vicina Africa, i disastri ambientali. Sono queste le ragioni che hanno dato origine ad una nuova definizione (categoria?) di migranti: i migranti ambientali o ecomigranti.

Possiamo chiudere gli occhi e insieme le frontiere di fronte ad essi? Certamente no anche perché l’Italia ha circa 7500 chilometri di costa, molti di più della somma delle coste del resto dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Neppure volendolo si potrebbero sigillare queste frontiere come altrettanto difficile è arrestare i flussi migratori nel resto dell’Europa, costruendo muri e reticolati.

I costi diretti e indiretti, senza parlare di quelli sociali, culturali, politici, sarebbero di gran lunga superiori rispetto ai benefici, veri o presunti. A meno che non si ritenga di usare le armi contro i migranti o fare ricorso a deportazioni o espulsioni indiscriminate, ad esempio sulla base del paese di provenienza.

Le espulsioni collettive sono proibite da norme europee, da trattati, convenzioni, accordi e intese a cominciare dai sette trattati che l’Onu ha predisposto per dare corpo alle enunciazioni della Dichiarazione Universale dei diritti umani. La normativa internazionale è chiara ed è compito dei singoli Stati accoglierla nella legislazione nazionale e soprattutto renderla operante.

Recentemente ho avuto modo di leggere una sorta di manuale per i parlamentari, pubblicato dall’Unione Interparlamentare, l’organizzazione fondata quasi 130 anni fa, che riunisce i parlamenti di tutto il mondo, intitolato “Migrazioni, diritti umani e governance”. Le tre parole contenute nel titolo del manuale devono stare insieme

Non illudiamoci di poter arrestare con misure repressive i flussi migratori, possiamo solo aspirare ed impegnarci a controllarli, gestirli, indirizzarli, senza mai dimenticare che i diritti umani delle persone valgono sempre e se una persona diventa migrante continua ad esserne titolare, non li perde lungo il viaggio sempre difficile, quando non disperato, del percorso migratorio. E sarebbe bene che le istituzioni e le forze politiche, in Italia come nel resto dell’Europa, si concentrassero su questo tipo di azioni, che sono le sole con qualche possibilità di successo.

 

Il Gruppo socialista ha votato la fiducia per lealtà nei confronti del Governo e della maggioranza, ma per la nostra storia e i nostri principi non possiamo votare a favore di un provvedimento che giudichiamo in buona parte ingiusto oltre che inefficace e non parteciperemo al voto.