lunedì 3 Giugno 2013

Contro la violenza sulle donne


3 giugno 2013 Mozioni Speranza ed altri n.1-00039, Binetti ed altri n.1-00036, Locatelli ed altri n.1-00040, Brunetta ed altri n.1-00041, Migliore ed altri n.1-00043 e Mucci ed altri n.1-00042: Iniziative volte al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne

 

Discussione generale

 

Signora Presidente, oggi continuiamo la discussione della scorsa settimana, durante la quale ho constatato – e lo dico senza presunzione – che ci sono alcuni concetti da chiarire riferiti al tragico fenomeno della violenza. Forse, la necessità del chiarimento è originata dalla difficoltà a far capire, oltre che la drammaticità, anche la complessità del tema della violenza contro le donne. Forse, abbiamo parlato molto tra noi donne e troppo poco con gli uomini, ma il tema della violenza riguarda donne e uomini.

Si è parlato, in alcuni casi, infatti, di violenza sessuale, come se essa contenesse tutte le forme di violenza, ma quella sessuale è solo una delle molte forme. C’è la violenza fisica, la violenza economica, psicologica e anche quella sessuale, fuori e dentro casa: anche quella sessuale, ma non è l’unica. E se non chiariamo questo concetto rischiamo di perdere di vista le cause profonde della violenza, che sono radicate nelle relazioni di potere storicamente ineguali tra uomini e donne e nella discriminazione sistemica basata sul genere e sul pregiudizio culturale della superiorità del maschio rispetto alla donna (ce lo dice l’ONU).

È, invece, cultura alquanto diffusa nel nostro Paese che la violenza alle donne sia originata dalla liberalizzazione dei costumi degli ultimi decenni. «Se l’è cercata» si sente ancora dire, il che è una sorta di continuum logico rispetto al fatto che fino a trent’anni fa avevamo leggi che giudicavano con indulgenza gli uomini che uccidevano le donne per difendere l’onor proprio.

Dobbiamo dire un «basta» deciso a tutto ciò, perché cambiare si può, come dimostrano alcuni esempi. Ho imparato dall’ex Primo Ministro spagnolo Zapatero il termine «machismo criminal» quando aprì la sua campagna elettorale, nella primavera del 2004, con un impegno preciso: la prima del suo gabinetto sarebbe stata una legge integrale sulla violenza contro le donne. In quella settimana ben cinque donne erano state ammazzate e, rispondendo alla conferenza dei vescovi spagnoli, che avevano attribuito quelle morti alla liberalizzazione dei costumi, egli disse che si trattava, appunto, di machismo criminal. La prima legge del suo gabinetto fu una legge integral, la cui implementazione diminuì la violenza contro le donne sensibilmente.

Così come hanno fatto in Gran Bretagna, dove la violenza domestica è diminuita del 60 per cento, grazie ad un lavoro coordinato tra attori pubblici, privati, società civile, ONG, come ci ha raccontato la baronessa Scotland, che abbiamo incontrato la settimana scorsa qui alla Camera per la sua iniziativa, Presidente.

Cambiare è possibile. Bisogna volerlo con determinazione, nella consapevolezza che le politiche di contrasto non possono essere a costo zero. E ce lo dicono le donne della rete Dire, della Convenzione No More, dei tanti centri antiviolenza, la cui azione viene rallentata da una cronica mancanza di fondi. Della loro collaborazione e consulenza, signora Ministra, abbiamo bisogno per implementare la Convenzione di Istanbul, per farla vivere, per non fare che sia una sola operazione di facciata.

Prima di concludere e per la terza volta in una settimana, richiamo l’attenzione sulla Nota a verbale che il nostro Governo ha depositato all’atto della firma della Convenzione di Istanbul, prendendo le distanze dal termine «genere». Qualche collega ha detto che la parola «genere» non esiste da noi, in quanto le leggi italiane parlano di uomo e donna, di sesso femminile e maschile o che – altra affermazione – non si sentiva il bisogno di introdurre il concetto di genere in un

Trattato in cui al centro dell’attenzione c’è la donna, in evidente e chiara contrapposizione con il maschio.

Io trovo, al contrario, che il concetto di genere ci aiuta a capire a fondo anche il concetto di violenza contro le donne, perché si riferisce a ruoli e comportamenti socialmente costruiti, che una determinata società considera appropriati per donne e uomini.

Ma se concordiamo che le cause della violenza contro le donne sono radicate nelle relazioni di potere storicamente ineguali tra uomini e donne e sul pregiudizio culturale della superiorità del maschio rispetto alla femmina, non possiamo espellere il concetto di genere dal nostro ragionamento. Al contrario, dobbiamo farvi ricorso per amore di chiarezza.

 

Dichiarazione di voto

 

Signora Presidente, signora Ministra, siamo alla conclusione della sessione che la Camera dei deputati e delle deputate ha doverosamente dedicato al tema della violenza contro le donne: ciò significa che ora è tempo di agire.

La scorsa settimana abbiamo ratificato la Convenzione di Istanbul, atto importante perché si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che definisce un quadro normativo completo. Alla ratifica della Convenzione abbiamo fatto seguire il dibattito di ieri, andando in profondità sul tema della violenza contro le donne e cercando di capirne anche le ragioni – che sono radicate nelle relazioni di potere storicamente ineguali tra uomini e donne – per essere capaci di avviare efficaci azioni di contrasto e insieme di sensibilizzazione, prevenzione, protezione, punizione e rieducazione.

La collega Marzano, nel suo intervento di ieri, ha sottolineato che il pensiero critico ci consente di fare a pezzi le radici della violenza, anche se non saremo in

grado di eliminarla completamente; ma contenerla e prevenirla è possibile attraverso l’educazione, uno degli impegni che abbiamo assunto nella mozione che unifica i testi presentati da tutti i gruppi.

Chiediamo, infatti, di introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado specifici progetti e corsi di educazione all’affettività e alle relazioni e nelle università la promozione e il sostegno di studi di genere con risorse adeguate. È un aspetto importante delle azioni che tutti ci impegniamo a realizzare, perché è dalle radici sane che si può partire per costruire un mondo sempre meno violento. La mozione unitaria è importante così com’è stato importante il voto unanime sulla Convenzione di Istanbul; è un passo significativo che abbiamo voluto fare, ciascuno per la propria parte, sospendendo temi a cui teniamo particolarmente, per dare anche simbolicamente il segno della determinazione comune.

Con la mozione chiediamo al Governo impegni precisi su quindici punti, come ci hanno chiesto le associazioni di donne, trasformando i contenuti della Convenzione di Istanbul in singoli obiettivi di intervento. Abbiamo intrapreso questa strada impegnando il Governo, ma anche tutti noi, ad adeguare l’ordinamento interno alle prescrizioni contenute nella Convenzione di Istanbul; a predisporre e attuare un nuovo piano nazionale contro la violenza, le molestie, lo stalking, i maltrattamenti sulle donne, fondato su prevenzione, protezione e certezza della pena e dotandolo di un fondo adeguato; a istituire in tempi rapidi un osservatorio permanente nazionale nel quale convergano flussi stabili di dati sulla violenza dalle fonti più numerose e affidabili; a favorire la cooperazione tra soggetti pubblici e privati e promuovere un sistema pubblico integrato di servizi che assicuri anche la presenza di mediatori culturali a tutela delle donne di altri Paesi; a favorire una corretta formazione di operatori sanitari, sociali, del diritto e della formazione, al fine di assicurare alle vittime aiuto e supporto adeguati. Questo e anche altro, il tutto tenendo conto che abbiamo una risorsa importante rappresentata da associazioni e reti, soprattutto femminili, ma non solo, perché ora ci sono anche alcune associazioni maschili che da tempo si occupano del tema e le cui competenze sono preziosissime e disponibili. Invito ad avvalercene in un quadro di impegno comune: è la via per rendere efficace la nostra azione ed uno strumento per mettere in collegamento il mondo delle istituzioni e quello della società civile e del volontariato, collegamento di cui c’è grande bisogno